Uro-oncologia
L’Uro-Oncologia è quella branca della urologia che si occupa delle patologie oncologiche di pertinenza urologica. Questo vuol dire che si occupa dei tumori del rene, tumori prostatici, tumori del testicolo, tumori della vescica. Questa pagina ha lo scopo di introdurre i vari argomenti che vengono trattati con maggior precisione nei vari articoli del sito. Il tumore della prostata è di certo la neoplasia urologica più comune nel maschio adulto. Nonostante l’alta prevalenza di questa malattia, la sua mortalità è piuttosto bassa, si stima essere infatti di circa il 3%. Il compito dell’urologo, è quello di individuare i tumori della prostata potenzialmente letali in tempo utile, con lo scopo di curarli in modo completo e definitivo. Risulta essenziale, pertanto, che il soggetto di sesso maschile che abbia compiuto i 40 anni di età esegua almeno un PSA. Il PSA è chiamato antigene prostatico specifico, ed è una proteina secreta dalle ghiandole prostatiche. Il PSA è presente anche nel liquido prostatico, infatti il suo primo utilizzo era legato a casi di medicina legale. Il ritrovamento del PSA, nel corpo della vittima indicava la possibile violenza sessuale, perché era sinonimo di liquido seminale. Oggi a tal scopo si usano sistemi più precisi, invece il PSA è diventato importante perché si è trovato da quasi 30 anni il sistema di dosarlo nel sangue. La presenza di valori aumentati di PSA indica che le cellule prostatiche stanno producendo più proteina, oppure la stanno rilasciando con più facilità. Questo avviene nella ipertrofia prostatica, quando aumenta il numero di cellule prostatiche che aumentano la loro produzione. Anche nelle infiammazioni si assiste ad un aumento di questa proteina in circolo. In questo caso è dovuta ad una aumentata permeabilità dei capillari. I tumori, anche loro possono scompaginare la rete capillare, oltre che aumentare il numero di cellule prostatiche. Si capisce pertanto che il PSA è un marcatore organo-specifico, ma non è malattia specifico.
Ecco perché diventa utile concentrarsi sulla diagnosi che non può vertere solo sul PSA, ma anche sull’esame obiettivo. L’ispezione rettale della prostata contribuisce al porre il sospetto di tumore della prostata, in particolare gli aumenti di consistenza della ghiandola al tatto è indice di sospetta malattia tumorale. Ad oggi questi due criteri, il PSA e l’esame rettale, sono gli unici sistemi che pongono sospetto di tumore della prostata. Quando questo avviene, si procede con un esame chiamato biopsia della prostata. Ci sono almeno tre sistemi di biopsia, la digito-guidata, la trans-rettale e la trans-perineale. Tranne la digito-guidata, che è piuttosto obsoleta, la trans-rettale e la trans-perineale sono sovrapponibili come accuratezza. Come numero di prelievi, si considerano attendibili, almeno 12 frustoli, per una diagnosi precisa. Una volta avuto l’esito dell’esame istologico, sappiamo che in un 20% delle biopsie troviamo un tumore della prostata. Se questo avviene, va stabilito cosa fare. Le opzioni terapeutiche sono diverse, e questo rende il trattamento assolutamente personalizzato. Il primo parametro da valutare, è l’età del paziente. Un paziente di 60 anni, ha decisamente una urgenza di un trattamento radicale, dove per radicale si intende o la chirurgia o la radioterapia, rispetto ad un soggetto di 80 anni. Il concetto di base infatti è che la storia naturale di questa malattia vede una durata solitamente lunga, pertanto la maggior parte dei tumori della prostata non ha senso trattarli quando l’aspettativa di vita del soggetto è inferiore ai 15- 20 anni. Chiaramente oltre all’età ha senso anche prendere in considerazione il livello di aggressività della malattia. Viene dato un punteggio al tumore che va da due a dieci, dove due è il punteggio che indica la gravità minore, e 10 ha il livello di aggressività maggiore. Questo punteggio prende il nome di Gleason score, da due a cinque il punteggio indica un livello di aggressività basta, il sesto indica il grado intermedio e dal settimo al decimo il grado alto. Un altro parametro che viene preso in considerazione al momento della diagnosi di tumore della prostata è il PSA. Un PSA che tende a superare il valore di 20 ng/ml, ha di certo un significato prognostico peggiore di un valore pari o inferiore a dieci. Un soggetto con un Gleason score pari a sette e con una età inferiore ai 65 anni, è il candidato ideale alla chirurgia o alla radioterapia. Solitamente soggetti giovani sono più facilmente indirizzati alla chirurgia. Ad oggi esistono quattro procedure chirurgiche per asportare la prostata e sono, la prostatectomia open, la prostatectomia laparoscopica, la prostatectomia robot assistita, la prostatectomia perineale. Ad eccezione della perineale che non consente la rimozione dei linfonodi, le altre tre sono sovrapponibili, in termini di radicalità oncologica e di effetti collaterali. Ad oggi in base alla disponibilità di strumentazioni avanzate o della esperienza del singolo chirurgo, si sceglie una tecnica rispetto ad un’ altra, ma resta il fatto che i risultati sono sovrapponibili. Anche la radioterapia offre gli stessi risultati, la differenza è che la prostata non viene asportata in questo caso, ma viene irradiata. Gli effetti secondari a questi trattamenti sono il deficit erettile e l’incontinenza urinaria. Il primo fenomeno è più frequente del secondo che si attesta attorno ad un 20%. Il deficit erettile è legato alla lesione dei nervi erigendi, responsabili della trasmissione nervosa degli impulsi sulla muscolatura liscia dei corpi cavernosi, che permette il meccanismo dell’erezione. I farmaci più efficienti sono i vasodilatatori appartenenti alla classe delle prostaglandine. Non sempre questi farmaci sono sufficienti, ed in tal caso si passa al trattamento chirurgico, che consiste nel posizionamento di un dispositivo noto come protesi peniena che permette di ottenere una erezione artificiale. L’incontinenza urinaria può essere trattata sia con una riabilitazione basata sulla fisiokinesi terapia, che permette la risoluzione dei casi lievi. I casi peggiori, sono trattati con la chirurgia, ed il sistema più efficiente, è lo sfintere artificiale, che permette una continenza attraverso un dispositivo che viene azionato molto facilmente dal paziente stesso, ogni volta che lo desidera. I pazienti sottoposti al trattamento vanno osservati anche dopo la procedura chirurgica. Anche in questo caso il PSA è fondamentale, infatti il suo incremento in alcuni casi può essere indicativo di ripresa di malattia. Questo consente di poter intervenire con trattamenti adiuvanti di tipo farmacologico.